Riemergo da una due giorni bellissima per l’evento “Once Upon a Place” organizzato da Maurizio Orgiana a Budoni.

Negli ultimi anni ho partecipato molto meno a eventi, convegni e incontri per un problema forse solo mio: mi sembrava di essere parte di una transumanza senza molto senso di “esperti” che alla fine certificavano solo la loro presenza e rilasciavano poche ispirazioni utili per le persone che venivano ad ascoltarli.

Questa due giorni è stata diversa, sarà per la grande occasione di poter fare finalmente qualcosa insieme a una professionista come Jessica Cani nella quale mi ritrovo molto pur essendo di generazioni diverse (abbiamo ragionato su “Oltre le convenzioni sociali. Costruire comunità, valore, destinazioni.”) ma anche per calarmi in una realtà che conosco poco e che mi aperto una voragine di dubbi.

Il mondo cambia alla velocità della luca ma quanto noi siamo stati e siamo disposti a cambiare? Quanto chiusi nelle nostre certezze applichiamo quello spirito critico e quello studio che spesso andiamo a suggerire a chi ci ascolta?

Per questo mi solo calato ad ascoltare gli interventi e soprattutto le persone che erano lì per noi, per trovare idee, ispirazione, speranza anche per un futuro che non è “solo” il turismo ma lo sviluppo sociale di senso e di comunità.

In tanti interventi e chiacchiere si è parlato del concetto di identità come di un qualcosa che non può essere cristallizzato in un presepe del nostro passato anche se spesso siamo noi i primi a non voler cambiare il nostro esistere presente.

Perché è faticoso, lento, scarsamente monetizzabile e anche perché ci sembra un sacrificio collettivo per il quale non abbia senso farlo.

Eppure l’unica speranza di sviluppo sociale prima che economico è questo, partire dalla comunità, costruire valore e senso di residenza e solo dopo l’economia rivolta a terzi, turisti per primi.

Dispiace vedere la miopia di tanti che invece guardano all’uovo oggi facendo la figura dei polli, perenne.

Ecco, grazie Maurizio per aver squarciato il velo che mi teneva un poco ai margini, quasi timoroso di non aver più nulla da dire.

Grazie insieme a quelle persone che hanno investito il loro tempo per raggiungermi e ascoltarmi, una cosa che mi ha colpito davvero.

Rimangono dei bagliori che mi porterò in questi giorni e che avranno bisogno di sedimentare per raccontarli (che non siamo cronisti di noi stessi) ma che sono certo mi abbiano già cambiato.

Le risate e i pensieri scambiati con Jessica (sei una speranza, non dimenticare questo mai).

La ruvida, ironica e sempre di sostanza capacità analitica di Sandro Usai, indispensabile voce in una regione di timorosi secondo convenienza.

La sorpresa di Camilla Parodi nelle esperienze di micro e macro comunità delle Langhe e anche nella sua straordinaria simpatia e capacità di apprendere il sardo 🙂

L’incontro questa volta corposo e di sostanza di Luca Bove che presenta l’ecosistema Google con una capacità e sostanza che il suo libro lo divorerò per imparare, sperando di averlo in Sardegna per una open lesson all’Università.

(Parentesi: lo studio. È emerso come approccio trasversale e anche come necessità, studiare, non dare mai per scontato nulla, farsi domande, confrontarsi, decidere sulla base dei dati. Senza studio e confronto avalliamo i cialtroni del “secondo me”, soprattutto una certa politica per la quale portare gente è l’unica strategia. E io mi sono reso conto di essermi un po’ fermato. Grazie anche di questo.)

Rivedersi con Giulia Eremita (il paradosso di vivere nella stessa isola e vedersi di rado, spesso fuori dall’isola), solida e capace professionista con la quale ho scambiato e condiviso bei momenti e forse qualche futuro prossimo.

Un illuminante Fabio Sacco, l’ecosistema Kumbe e altri aspetti che con calma studierò e racconterò con la dovuta attenzione.

La presenza di operatori arrivati da mezza Sardegna felici di anche condividere le loro esperienze, ascoltare e fare domande, incontrarci e potersi togliere o confermare qualche dubbio.

L’assenza politica alla quale purtroppo siamo abituati, nella loro incosciente consapevolezza della loro immutabile idea e mai con un dubbio sulla efficacia e lungimiranza della stessa, travolti da dall’ansia da grandi eventi, dal portare gente, dal Sacro Graal della destagionalizzazione, dai piani strategici più libri di fiabe che di azione.

Ma voglio ricordare anche quei magnifici momenti di convivialità intorno al cibo e all’accoglienza, in una modalità dove la tradizione si contamina con l’esperienza e la creatività delle persone e diventa una finestra sugli altri, un modo di scoprire altri punti di vista di incotrare il cibo e le tradizioni e dove anche #santamoglie si è trovata magnificamente (che ho omesso di dire che lei era una quasi protagonista!).

Una organizzazione magnifica con uno staff impeccabile in un luogo così magicamente evocativo e significativo. Un vero regalo che ha smosso qualcosa e d cui sono davvero molto riconoscente.

Insomma, ci siamo divertiti molto e speriamo di avere dato spunti e ispirazione per i presenti.

Grazie Budoni (oltre che il welcome!), grazie Maurizio, grazie a tutti quelli che hanno fatto che questi giorni diventassero per me davvero memorabili.


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insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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